#23 Deflocculazione degli impasti ceramici: cosa sono e come funzionano?
Indice
- 1. Flocculazione: breve definizione
- 2. Premessa: l'impasto ceramico
- 3. La barbottina da un punto di vista chimico
- 4. Le micelle argillose
- 5. I tre meccanismi della floculazione
1. Flocculazione: breve definizione
La flocculazione consiste in un processo chimico-fisico di un sistema colloidale in cui la fase solida tende a separarsi formando dei fiocchi in sospensione. In chimica, la fase immediatamente successiva alla coagulazione, quella cioè in cui le particelle del colloide destabilizzato si riuniscono in piccoli aggregati, detti flocculi, che possono precipitare.
2. Premessa: l'impasto ceramico
La preparazione dell’impasto ceramico destinato alla produzione di piastrelle o grandi lastre, prevede diverse fasi che, in sequenza, contribuiscono a trasformare la materia prima in superfici dall’alto valore estetico e tecnico. Gli stadi del processo sono numerosi ma, in un’ottica di semplificazione, possiamo delimitarli elencando i cinque più significativi.
- MACINAZIONE
- SETACCIATURA
- STOCCAGGIO
- ATOMIZZAZIONE
- PRESSATURA/FORMATURA
Prima di entrare nel cuore del problema passiamo brevemente in rassegna questi importanti step.
L’impasto ceramico, prima di essere sottoposto alla fase di formatura (durante la quale le polveri atomizzate che sono alla base del supporto ceramico crudo vengono pressate o compattate), subisce un processo di macinazione a umido mediante l’utilizzo di acque di macinazione (acque di recupero e di falda). Durante detta fase l’acqua di macinazione e le materie prime inorganiche così miscelate, formano la slurry, anche detta barbottina. La macinazione avviene per mezzo di mulini tipo Alsing all’uscita dei quali la barbottina viene setacciata e stoccata in vasche all’interno delle quali rimane sotto costante agitazione così da evitare eventuali fenomeni di gelificazione e/o sedimentazione. Dopo la fase di stoccaggio – la cui durata può variare in base alle esigenze di ogni singolo produttore – si procede con la fase di atomizzazione per mezzo di spray dryer. Dentro all’atomizzatore la barbottina viene nebulizzata per mezzo di temperature molto elevate, capaci di far evaporare l’acqua in modo rapido e violento. Tale evaporazione “trasforma” le singole gocce di barbottina in minuscole sfere cave il cui insieme forma la polvere atomizzata. Pronta per la pressatura o formatura.
3. La barbottina da un punto di vista chimico
La barbottina d’impasto ceramico è una sospensione in acqua di argille che possono essere più o meno plastiche e altre materie prime inorganiche (come feldspati). Si definisce sospensione – e non soluzione – in quanto si tratta di una miscela in cui la parte solida è finemente suddivisa e dispersa nella parte liquida (il solvente) in modo da non sedimentare in un tempo eccessivamente breve. Di norma, nelle sospensioni la parte allo stato solido (nel nostro caso, le argille e le materie prime inorganiche) è decisamente minoritaria rispetto alla parte che si trova allo stato liquido (l’acqua). Diversamente da quello che avviene nelle sospensioni, che sono solitamente miscele opache e torbide, i due componenti che costituiscono le soluzioni (cioè la parte liquida e la parte solida) si uniscono “intimamente” dando origine ad un liquido perfettamente trasparente.
4. Le micelle argillose
Quali sono le principali caratteristiche delle argille contenute nella barbottina?
Le argille, per loro caratteristica strutturale, tendono generalmente a produrre un importante effetto tissotropico che di norma è necessario contrastare per rendere scorrevole e dunque lavorabile la barbottina. La tissotropia, per tradurre il fenomeno in termini semplici, è la proprietà di alcuni fluidi pseudo-plastici di variare la loro natura aeriforme se sottoposti a sollecitazioni di taglio oppure, nel caso di preventivi lunghi periodi di quiete, se sottoposti a movimenti peristaltici. Quando un fluido connotato da proprietà tissotropiche viene in altri termini sottoposto ad uno sforzo o ad una sollecitazione può passare da uno stato grasso-pastoso, quasi solido, ad uno stato liquido. Più in generale da uno stato gelatinoso ad uno liquido. Le barbottine ceramiche spesso posseggono questa proprietà: in fase di riposo possono presentarsi come una gelatina ma se vengono sollecitate da una forza esterna – come ad esempio una semplice agitazione – possono diventare immediatamente fluide e scorrevoli.
E questo non è sempre un bene.
Entriamo più nello specifico e cerchiamo di capire perché occorre contrastare la tissotropia e cosa c’è alla base della flocculazione, anch’essa da gestire in modo puntuale.
Partiamo dal presupposto che le argille sono minerali costituiti da fogli ottaedrici e tetraedrici di Al2O3 (ossido di alluminio) e SiO2 (silice). I fogli possono essere disposti in modo differente in base alla tipologia di argilla che si utilizza ma, in tutti i casi, negli interstizi che si trovano tra un foglio e l’altro possono essere presenti dei cationi (monovalenti o multivalenti) di diversa natura. Al di là della tipologia dei cationi, nel momento in cui le argille vengono disperse in acqua, gli strati ottaedrici e tetraedrici tendono ad espandersi per effetto dell’acqua che si insinua tra le loro intercapedini. Tale allontanamento potrebbe a sua volta provocare la liberazione – all’interno della sospensione – dei cationi che, come abbiamo visto, si trovano tra gli interstizi.
LA CARICA ELETTRICA DELLE MICELLE
Aggiungiamo a questo punto che i fogli di argilla in acqua – anche detti micelle argillose – sono prevalentemente carichi positivamente ai bordi e negativamente sulle due superfici (quella superiore e quella inferiore del foglio di argilla). Questa particolare morfologia fa sì che – in condizioni di scarsa quantità di acqua all’interno della sospensione – l’attrazione elettrostatica che si produce tra la carica positiva e quella negativa, generi un effetto strutturale che va ad aumentare la viscosità del sistema-barbottina e che, in casi estremi, può portare alla completa gelificazione. Un serio problema per lo sviluppo del processo produttivo. Per rendere il sistema nuovamente fluido e scorrevole – e dunque deflocculare – è necessario dare mobilità alle micelle argillose e alle particelle in sospensione. Per far sì che ciò avvenga occorre intervenire con alcuni particolari meccanismi che sono alla base del processo di deflocculazione.
Le strade da intraprendere sono diverse. Di seguito le più importanti.
5. I meccanismi della flocculazione
A) REPULSIONE ELETTROSTATICA PER SCAMBIO CATIONICO
I cationi multivalenti – a doppia carica positiva (come ad esempio il calcio e il magnesio) o a tripla carica positiva (come il ferro e titanio) – possiedono una carica positiva talmente elevata che è in grado di annullare la forte carica negativa presente sui lati delle micelle. Quest’ultima è tuttavia necessaria per creare e garantire l’effetto di repulsione tra una micella e l’altra, assicurando in questo modo lo scorrimento delle particelle stesse (si pensi all’effetto repulsivo che si genera tra due calamite aventi il medesimo orientamento). L’inserimento all’interno del sistema di cationi monovalenti (come il sodio) consente il rimpiazzo delle cariche positive multivalenti presenti sulle argille con cariche molto più deboli. Questa specifica tipologia di scambio cationico riduce la carica positiva sulle micelle argillose senza neutralizzare le cariche negative delle micelle stesse. Questo si traduce in una riduzione dell’agglomerazione e in una diminuzione della viscosità del sistema.
B) REPULSIONE STERICA
Meccanismo che si produce e sviluppa grazie all’utilizzo di disperdenti polimerici costituiti da catene molecolari inattive (che non interagiscono con le argille e le materie prime) che contengono gruppi funzionali (atomo o gruppi di atomi che determinano le proprietà chimiche di un composto organico, permettendone la classificazione) che, al contrario, sono in grado di interagire con esse. Le estremità di queste molecole entrano in relazione con le particelle in sospensione all’interno della barbottina aumentando la loro distanza. I disperdenti polimerici, in sostanza, si legano alle particelle (attraverso i gruppi funzionali) posizionando le loro code alle estremità: questo tipo di assetto produce la distanza utile a far sì che le particelle scorrano l’una sull’altra senza interagire tra loro a livello elettrostatico, evitando cioè il fenomeno di attrazione che di norma si sviluppa tra la zona positiva di una micella con la zona negativa di un’altra. Questo fenomeno è alla base della riduzione della viscosità della barbottina, agevolando il fenomeno di deflocculazione.
3. COMPLESSAZIONE
Gli agenti complessanti sono formati da particolari molecole chimiche (sali di sodio) che possiedono gruppi funzionali contenenti atomi (come ad esempio ossigeno o azoto) che mettono a disposizione del sistema una carica elettronica molto negativa. Tale carica negativa attrae per lo più cariche positive multivalenti (come calcio, magnesio, ferro o titanio) rispetto a cariche monovalenti. Nel momento in cui vengono immessi nel sistema-barbottina, gli agenti complessanti rilasciano sodio (catione monovalente) attraendo preferenzialmente al loro interno cationi multivalenti. Il risultato del processo è l’eliminazione delle cariche multivalenti dal sistema e la messa in circolo di cariche monovalenti: questo agevola lo scambio cationico con conseguente incremento della distanza tra le particelle e diminuzione della viscosità e riducendo il fenomeno della flocculazione.
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