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#22 Smalti ceramici, fenomeno dello spolvero e stampa digitale

Indice

  1. 1. Definizione
  2. 2. Un po' di storia
  3. 3. L'avvento delle tecniche di stampa digitale
  4. 4. Possibili soluzioni al problema 

 


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1. Definizione

Cosa si intende con “spolvero dello smalto”?
O anche, che caratteristiche presenta lo smalto quando “spolvera”?

In termini generali, quando si parla di fenomeno dello spolvero ci si riferisce di norma ad uno smalto che dopo l’applicazione mediante i classici sistemi a spray manifesta un basso grado di coesione. Uno scarso livello di coesione che si esplicita non solo tra le particelle di smalto che non risultano tra loro legate ma anche tra lo smalto e la superficie del corpo ceramico ancora crudo. Lo smalto, quando connotato da dette proprietà e dunque in uno stato che potremmo definire di fragilità, risulta facilmente rimovibile dalla superficie ceramica, specie se/quando sottoposto alle sollecitazioni di natura meccanica che si susseguono lungo le linee di produzione. Il problema si evidenzia in particolar modo dopo il processo di evaporazione e drenaggio, quando in sostanza lo smalto ha ormai perso la propria parte solvente (la componente liquida: acqua).

2. Un po' di storia

Il fenomeno dello spolvero è oggi un problema certamente serio a cui occorre porre rimedio ma lo era ancor più in passato quando la tecnologia digitale non aveva ancora sostituito le oggi ormai superate tecniche decorative a contatto: serigrafia piana o rotativa e decorazione incavografica mediante rullo siliconico. Per quale ragione?
Il contatto tra la macchina applicatrice e la superficie della piastrella non solo produceva una compressione diretta della superficie, incoraggiando la genesi degli attuali test sul modulo di resistenza alla rottura per flessione, ma promuoveva anche una vera e propria rimozione di particelle di smalto che rimanevano spesso ancorate, o meglio aderivano, al retino serigrafico o al rullo rotativo.

Per evitare che il fenomeno si manifestasse, si usava infatti applicare mediante sistemi di sprayatura FISSATORI (soluzioni acquose di alcool polivinilici) sulla superficie dello smalto già steso sulla piastrella cruda. Un accorgimento preventivo utile a scongiurare, grazie alla capacità coesiva del prodotto applicato, il distacco dello smalto dal supporto e ad evitare come prima diretta conseguenza eventuali inquinamenti delle paste serigrafiche o difetti superficiali post decorazione.

 

Da un punto di vista chimico, i FISSATORI sono polimeri in acqua che sprigionano un elevato potere legante nel momento in cui l’acqua (il solvente) abbandona la soluzione per evaporazione e drenaggio. Diversamente da quasi tutti gli altri leganti utilizzati all’interno di smalti ed engobbi, gli alcool polivinilici – a parità di materia attiva – sono contraddistinti da una spiccatissima capacità reticolante (nei confronti delle particelle) che scaturisce dal loro particolare chimismo e che tuttavia non ne consente l’applicazione all’interno delle matrici delle diverse sospensioni: si tratta di una  tipologia di additivi, infatti, che può essere processata solo ed esclusivamente mediante cabina spray  e stesa sullo smalto e/o sull’engobbio già presente sul supporto a causa della loro forte incompatibilità chimica alle sospensioni in cui andrebbero inseriti.

3. L'avvento delle tecniche di stampa digitale

Con l’affermazione della tecnologia decorativa digitale, che non prevede alcun contatto fisico tra la macchina applicatrice e il supporto ceramico crudo, lo scenario ha assunto nel tempo un nuovo assetto che si è poi concretizzato nel progressivo abbandono nell’uso di fissatori e simili. Perché? Il graduale disuso di questa tipologia di prodotti potrebbe in effetti trovare una giustificazione nella diffusa convinzione che, in assenza di contatto, la rimozione dello smalto superficiale fosse da considerarsi un problema ormai risolto e superato. In realtà, la presenza di uno smalto poco coeso - e dunque polveroso - ha fatto emergere nuove criticità, prima di allora non preventivabili, anche all’interno del diverso contesto produttivo venutosi a creare. Tra le diverse complicanze, quella più significativa riguarda l’accumulo di pulviscolo nella parte inferiore delle barre della stampante digitale. 

 

Che cosa significa?

 

Uno smalto poco coeso può essere facilmente rimosso anche dalla violenza con la quale l’inchiostro impatta sulla superficie della piastrella (la velocità di scarico oscilla tra i 6 e i 7 metri al secondo) producendo la rimozione di particelle superficiali di smalto dalla loro sede e la conseguente dispersione in atmosfera, tra la piastrella e le barre di stampa. La distanza tra le piastrelle e la barra di stampa è di norma di 2 o 3 millimetri: tale spazio così ridotto, congiuntamente al calore della piastrella che ha precedentemente stazionato all’interno degli essiccatoi, produce inevitabilmente una quantità di vapore che genera turbolenze e movimenti di aria che vanno ad impattare su alcune particelle di smalto che staccandosi dalla propria sede vanno ad accumularsi sulle barre e sulle testine di stampa, producendo nel tempo difetti di stampa e compromettendo la buona funzionalità dei nozzle.

E così, il tema dello smalto poco coeso e del conseguente fenomeno dello spolvero, anche in concomitanza delle nuove tecnologie, è diventato a tutti gli effetti un problema da analizzare con maggiore attenzione e a cui porre rimedio così da non compromettere la fase di stampa a getto d’inchiostro.

 

4. Possibili soluzioni al problema

A rigor di logica, la domanda che sarebbe legittimo porsi potrebbe essere la seguente: perché non riutilizzare i fissatori usati a suo tempo per la stampa a contatto? L’impossibilità di procedere in tal senso risiede nella natura stessa dei prodotti e nell’azione da essi promossa: l’altissimo potere reticolante e legante promosso da questo genere di fissatori produce infatti un’eccessiva chiusura della superficie di smalto riducendo, se non addirittura eliminando, l’assorbimento delle gocce di inchiostro che, espandendosi sulla superficie producono un effetto ottico che si traduce in un’evidente perdita di definizione di stampa. Potrebbe sembrare ovvio ma è bene ricordare che la superficie di smalto deve recepire le gocce di inchiostro in modo che vengano parzialmente assorbite e integrate all’interno della matrice di smalto così da promuovere una buona risoluzione e un corretto sviluppo cromatico in fase di cottura. Parallelamente a questo aspetto si può spesso assistere anche ad un’eccessiva dilatazione dei tempi di asciugamento che possono a loro volta pregiudicare in qualche modo l’intero processo. In conclusione, il fissatore non può dunque fare al caso nostro e non è applicabile né dentro né sopra allo smalto in quanto incompatibile con gli obiettivi di produzione.

 

La soluzione al problema trova come sempre origine e spazio all’interno dei laboratori dove si è reso necessario lo studio e lo sviluppo di specifici leganti per smalti (engobbi e smaltobbi) in grado di legare tra loro le particelle di smalto, ridurre o eliminare il fenomeno dello spolvero e al contempo generare un reticolo drenante che non vada a compromettere la corretta deposizione dell’inchiostro.

Da un punto di vista chimico, questa tipologia di leganti è fondamentalmente costituita da molecole organiche contraddistinte da catene molecolari non eccessivamente lunghe. Una morfologia che è funzionale a creare tra le particelle di smalto una sorta di ponte anziché un vero e proprio film interno alla matrice di smalto la cui presenza andrebbe a ridurre l’assorbimento dell’inchiostro. La riduzione dello spolvero mediante l’uso di questa categoria di additivi, oltre a risolvere problemi di natura tecnica ed estetica, si traduce indirettamente anche in una maggiore durabilità delle testine di stampa che non vengono “aggredite” dalla polvere di smalto, con una evidente riduzione dei tempi e dei costi di manutenzione delle stampanti a getto d’inchiostro. 



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