#44 Temperatura d'esercizio e produzione ceramica
Indice
- 1. Temperatura d’esercizio e criticità
- 2. Temperatura e semilavorati: engobbio, smalto, graniglia
- a) Temperatura del supporto eccessivamente alta
- b) Temperatura del supporto eccessivamente bassa
- 3. Temperatura, tensioattivi e altri additivi
- 4. Temperatura e vapore
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1. Temperatura d'esercizio e criticità
La temperatura del materiale ceramico crudo, che dall’uscita essiccatoio si muove lungo i nastri trasportatori fino a raggiungere i forni, viene di norma definita in modo da ottenere la massima performance in termini di resa.
Cosa significa?
Ipotizziamo di dover produrre un determinato articolo ceramico di un’altrettanta determinata gamma (o collezione) e di dover poi riprendere la stessa produzione in momenti temporali tra loro distanti, ad esempio dopo alcuni mesi se non addirittura anni. Essendo la temperatura un parametro che impatta in modo sensibile sul buon esito delle diverse fasi di processo, è sempre bene che tra una produzione e l’altra essa rimanga costante o, in ogni caso, all’interno del medesimo range così da evitare oscillazioni che potrebbero compromettere le rese produttive ed evitare che il risultato finale delle diverse produzioni non sempre risponda agli standard prefissati dalla tipologia di prodotto.
Su un piano ideale, la temperatura dovrebbe sempre essere sotto controllo ma la realtà dei fatti è ben diversa e non sempre si può avere una supervisione costante su questo pur importante parametro. Basti pensare alle oscillazioni legate alla temperatura esterna, e dunque alla stagionalità, che non sempre possono essere previste e che tuttavia impattano sullo svolgimento dei processi e, come diretta conseguenza, sulle caratteristiche del prodotto finale.
Ma c’è dell’altro. La questione “temperatura” non è solo circoscrivibile al tema legato alle produzioni del medesimo articolo ma anche a criticità dovute ad una eventuale “temperatura inadeguata”, a prescindere dal materiale da produrre. Ciò significa che durante le diverse fasi di processo, sulla base del set-up della linea produttiva, si possono riscontrare situazioni localizzate non propriamente ottimizzate sul piano del rapporto temperatura / tipologia di applicazione.
Cosa significa? Qual è lo scenario a cui si assiste?
Significa che il supporto ceramico crudo, quando esce dall’essiccatoio, è contraddistinto da una specifica temperatura, solitamente maggiore rispetto alla temperatura ambiente, che si abbassa nel tempo durante il suo tragitto verso i forni e durante il quale riceve le varie applicazioni che vanno a stratificarsi l’una sull’altra. In base alla conformazione della linea produttiva, può accadere che in alcuni passaggi la piastrella non si presenti con la temperatura adeguata a ricevere la nuova applicazione (che sia di smalto, inchiostro o graniglia). Quando questo si verifica occorre in primo luogo identificare la magnitudo del problema ed intervenire di conseguenza per evitare criticità che possono impattare sia sullo svolgimento del processo che sulle caratteristiche finali del manufatto (presenza di difetti).
Volendo semplificare al massimo, due sono le principali azioni che in tali circostanze si possono mettere in campo per gestire le eventuali anomalie. In primo luogo è bene verificare il set-up della linea provando, ove possibile, ad intervenire sulla distanza tra le due applicazioni coinvolte dal problema (allontanandole o avvicinandole sulla base della criticità emersa). In seconda battuta, o quando questo primo provvedimento non è sostenibile, si rende necessario un intervento che contempli l’uso di additivi.
2. Temperatura e semilavorati: engobbio, smalto, graniglia
TEMPERATURA DEL SUPPORTO ECCESSIVAMENTE ALTA
Uno degli scenari più frequenti riguarda la presenza di supporti eccessivamente caldi che vanno compromettere, a solo titolo di esempio, la corretta applicazione dell’engobbio. Temperature troppo elevate, infatti, possono produrre asciugamenti esageratamente veloci che non di rado si concretizzano in una stesura inadeguata e nell’apparizione di vari difetti. Uno fra tutti, la presenza di veri e propri fori nello strato di ingobbio che possono attraversare lo strato di questa applicazione arrivando fino all’impasto sottostante.
In questo caso specifico, qualora non si possa intervenire sull’assetto della linea, è possibile fare uso di additivi leganti che sono in grado di ottimizzare i tempi di asciugamento del semilavorato rispetto al tipo di applicazione necessaria: in sostanza si rivede la formulazione dell’engobbio (o dello smaltobbio).
Come lo fanno?
Gli additivi leganti, oltre a svolgere la loro principale funzione da cui prendono con tutta evidenza il nome, agiscono anche sui tempi di evaporazione dell’acqua, ritardandoli o comunque modificandoli in base alle esigenze. Questo avviene perché le molecole d’acqua danno luogo ad interazioni di tipo fisico con il legante, ritardando i tempi di rilascio. All’interno del sistema, il tipo di interazione che prende parte tra legante e acqua risulta in larga parte possibile grazie alla medesima natura – polare – dei due elementi. Gli additivi leganti, infatti, sono principalmente polimeri polari idrosolubili, affini all’acqua, e tale caratteristica fa dell’acqua un buon solvente per questa tipologia di prodotti che, viceversa, interagendo con essa la “legano” modificandone e influenzandone la velocità di evaporazione all’interno del sistema.
TEMPERATURA DEL SUPPORTO ECCESSIVAMENTE BASSA
Talvolta ci si può trovare difronte allo scenario opposto e cioè ad un supporto crudo contraddistinto da una temperatura bassa rispetto a quella necessaria per l’applicazione in corso. Questo può dare origine, sempre a titolo di esempio, ad un asciugamento eccessivamente lento dell’engobbio. L’asciugamento lungo non è di per sé una criticità ma lo diventa nel momento in cui il supporto già ingobbiato raggiunge non ancora asciutto la stazione successiva compromettendo la performance dell’applicazione (nella maggior parte dei casi si possono osservare disomogeneità nel risultato finale dell’applicazione). Vi sono casi in cui l’asciugamento troppo lungo dell’applicazione da luogo a difetti
Un esempio illuminante relativa alle applicazioni ad airless: è comune che un ingobbio o uno smalto applicato ad airless sia depositato sul supporto con più ugelli nebulizzatori in successione. In alcuni casi si potrebbe verificare una condizione operativa dove, a causa della temperatura troppo bassa del pezzo, il materiale applicato con gli ultimi ugelli del capanno viene a sovrapporsi al materiale applicato con i primi ugelli che non è ancora del tutto asciutto. Il risultato finale di quanto appena descritto è un a superficie con difetti che vanno dalla semplice disuniformità dello strato di ingobbio o smalto applicato, alla presenza di bolle che rendono questa superficie non perfettamente planare ed omogenea, quindi non accettabile al fine di mantenere un elevato standard qualitativo del manufatto.
In linea generale, per conseguire una corretta applicazione è sempre necessario agire su più fronti cercando e ottimizzando il giusto bilanciamento tra temperatura, parametri di macchina/linea e additivi. Quando non si vuole agire direttamente sulla temperatura e dunque procedere con l’uso di additivi, va anche detto che l’uso di soli leganti può talvolta non essere sufficiente, rendendosi necessaria l’introduzione di altre tipologie di prodotti.
Uno degli esempi più classici per risolvere questo tipo di problema consiste nel ridurre la dose di legante (che si traduce in un più breve tempo di evaporazione dell’acqua che non è più trattenuta come prima) ed inserire tensioattivi utili a facilitare il livellamento del semilavorato sul supporto ceramico. In altri casi, per risolvere un eventuale problema, potrebbe essere sufficiente la sostituzione del legante con un'altra tipologia di prodotto appartenente alla stessa famiglia. Ogni singolo prodotto legante infatti è contraddistinto da caratteristiche proprie che, in base al tipo di applicazione, possono essere adeguate per alcuni sistemi e inappropriate per altri.
3. Temperatura, tensioattivi e altri additivi
Come precedentemente evidenziato, la produzione ceramica può essere soggetta a cambi di temperatura legati alla stagionalità e nella maggior parte dei casi l’applicazione di engobbi, smalti e graniglie non è termostatata. Non è cioè costante tra estate e inverno. Questo è un aspetto di non poca importanza se si considera che le performance dei tensioattivi (il modo fisico in cui agiscono) sono in genere molto suscettibili alle variazioni di temperatura. Ad esempio, durante il periodo estivo un determinato tensioattivo usato come livellante è molto performante e non produce schiuma all’interno della vasca (tipico effetto collaterale promosso da questa categoria di prodotti). Lo stesso tensioattivo, in inverno, può veder modificato il proprio grado di solubilità all’interno del sistema dando in certi casi più facilmente origine a fenomeni schiumogeni, talvolta di grande portata.
Ciò significa che la scelta del tensioattivo da utilizzare deve essere valutata con molta cura per far sì che le sue performance e la qualità dell’applicazione nella quale questo è direttamente coinvolto rimangano costanti nonostante le variazioni delle condizioni esterne di temperatura.
In conclusione, e in linea generale, quando non è possibile agire direttamente sulla temperatura e sul set-up di linea, occorre procedere con l’uso di diverse categorie di additivi. Le tre principali leve da utilizzare sono fluidificanti, leganti e tensioattivi, da bilanciare tra loro in un corretto rapporto che possa gestire al meglio l’applicazione.
4. Temperatura e vapore
Un altro tema che chiama in causa la temperatura è la produzione di vapore a cui possono dare origine supporto eccessivamente caldi. Questo tema assume un’importanza rilevante quando si parla di applicazioni digitali. Come è noto, infatti, l’umidità che può generarsi al di sotto delle barre di stampa delle macchine digitali può condensare andando ad impattare negativamente sulla stampa e, nei casi più estremi, costringendo i produttori a fermare il processo.
Che cosa succede concretamente?
Avere condensa significa avere temperature eccessivamente alte e la stazione applicativa di smalto (o engobbio) molto vicino alla stampante digitale. In tutti questi casi, la piastrella rilascia sotto alle barre il vapore prodotto dalle applicazioni precedenti. Per risolvere il problema si possono mettere in atto alcuni provvedimenti.
Il primo consiste nell’allontanare dalla stampante la precedente applicazione così da aumentare i tempi di evaporazione e consentirne la corretta conclusione prima delle applicazioni di inchiostro o colla digitale.
In secondo luogo si potrebbe pensare di introdurre dei sistemi di raffreddamento (soffiatori d’aria o igloo) dopo l’applicazione di smalto o engobbio così da abbassare e abbattere rapidamente la temperatura del pezzo, anche in una breve distanza.
In terza battuta, diventa necessario modificare la ricetta (o formulazione) della sospensione di smalto mediante l’uso di additivi che consentano di ridurre il quantitativo di acqua all’interno del sistema e/o che ne blocchino/riducano il rilascio: leganti, fluidificanti, tensioattivi.
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